1811 | |||
Il primo riferimento storico alla Ventricina del Vastese si ritrova nel Tomo I di La «Statistica» del Regno di Napoli nel 1811, in cui si legge di un "ventricolo del porco ripieno di carne condito di sale e finocchio˝ diffuso nell’Abruzzo Citra o Citeriore, i cui territori sono stati unità amministrativa, dapprima, del Regno di Sicilia, poi del Regno di Napoli ed, infine, del Regno delle Due Sicilie. Questi coincidevano in larga parte con l’attuale città di Vasto e provincia di Chieti. La descrizione riportata nell’opera murattiana è di notevole valore storico, perché testimonia che originariamente la preparazione della Ventricina non prevedeva l'utilizzo del peperone, da cui deriva l’attuale tipica colorazione rossa, ma solo l’aggiunta di sale e finocchio. Nella «Statistica» si ha evidenza anche dell’origine dell’utilizzo delle parti nobili del maiale per la produzione della Ventricina. Si legge, infatti, che molti produttori di salumi dell’Abruzzo Citra avessero difficoltà ad ottenere prodotti di qualità. Gli ambienti ove avveniva la stagionatura, realizzati prevalentemente in pietra, erano freschi, con temperature non troppo elevate, tuttavia, erano caratterizzati da tassi di umidità sfavorevoli per le prime fasi della stagionatura delle carni, soprattutto se di grande pezzatura. Donde la scelta di conservare le parti di pregio del maiale, ridotte in pezzi, per aumentarne la superficie di contatto con il sale, e l’introduzione dell’uso di abbondante peperone secco e trito nella lavorazione delle carni. | |||
1850 - 1879 | |||
Il peperone dolce e il peperoncino sono stati introdotti nella seconda metà del secolo XIX, quando la coltura delle due spezie si è diffusa nel territorio abruzzese in virtù delle loro proprietà conservanti e aromatizzanti. | |||
1880 | |||
Al 1880 risale anche la prima attestazione storico-lessicale della Ventricina come insaccato del Vastese. Nel «Vocabolario dell’uso abruzzese» di Gennaro Finamore (Lanciano, Carabba) è riportata, infatti, la definizione «Vendrecine. sf. Salame di carne porcina insaccata nella trippa [ventre, n.d.r.] del maiale istesso». | |||
1880 - 1950 | |||
In un’opera più recente, La Maiella e l’Abruzzo Citeriore (1919) di Giuseppe Iezzi, si ritrova una precisa indicazione storico-geografica della zona di produzione di questo salume. I Comuni Scerni, Carunchio, Casalanguida, Casalbordino, Cupello, Fresagrandinaria, Furci, Torino di Sangro, Villalfonsina e Bomba vengono indicati come l’area in cui era diffuso ed economicamente rilevante l’allevamento dei suini. Nei Comuni Bomba, Carunchio, Casalanguida, Castiglione Messer Marino, Celenza sul Trigno, Colledimezzo, Scerni, Monteodorisio, Palmoli, Roccaspinalveti, San Buono, San Salvo e Villalfonsina era invece significativa l’industria delle carni salate, dei prosciutti e dei salami. L’opera di Iezzi riporta, inoltre, un riferimento diretto e preciso ai Comuni in cui la produzione di Ventricina era particolarmente remunerativa nel XIX secolo, ossia Palmoli, Roccaspinalveti e San Buono. Si legge altresì che in quello stesso periodo, Vasto era anche l’unico centro nell’Abruzzo meridionale produttore di citrangole, le arance amare storicamente usate nella lavatura della vescica o del ventricolo impiegati come involucri esterni della Ventricina. |
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1959 | |||
Carteggi privati dimostrano, infine, che la tecnica di realizzazione della Ventricina sia stata tramandata di generazione in generazione. Nella lettera, datata 12 giugno 1959, inviata da un’abitante di Scerni, la signora Cristina Ranalli, alla figlia trasferitasi a Perth, si legge infatti: "[…] Nell'ultima lettera mi dici che da voi è arrivato l'inverno e vuoi provare a rifare qualche ventricina. La carne che devi comprare la sai. Taglia a pezzi grandi e devi impastare con 30 grammi di sale e 28 grammi di peperoni trito e un pizzico di fiore di finocchio. Mi raccomando di impastare tre volte. Tuo nonno Michelangelo mi ha sempre raccomandato di mettere a curare le vesciche e le mulette due giorni con bucce d'arancio tagliate fine, aglio e rosmarino. Prima di riempire le vesciche passare in due litri di acqua e un bicchiere d'aceto. Quando appendi le ventricine stai attenta a non farle seccare subito se no ti spaccano […] ”. |
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